lunedì, Dicembre 23, 2024
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Con Fidal lo sport scende in PISTA. Intervista al segretario nazionale Fabio Pagliara

Incontriamo Fabio Pagliara durante la terza edizione della giornata dell’Educazione allo sport, promossa dal Movimento sportivi milazzesi il primo di ottobre: la Fidal ha presenziato e incoraggiato l’amore per lo sport con l’installazione temporanea di una mini pista di atletica nel Lungomare Garibaldi e attraverso la figura di uno dei membri del suo direttivo a livello nazionale.

Fabio Pagliara, è infatti il segretario generale della Federazione italiana di Atletica leggera, ente di riferimento per la pratica dilettantistica e agonistica di questa disciplina in Italia. È originario di Catania ed è alla guida della sala regia dell’Atletica nel nostro paese dal 2014. È anche autore del libro “Di corsa! Of course”, edito da Malcor D, proprio nel 2017.

Con estrema gentilezza si è dichiarato disponibile a rispondere ad alcune domande della nostra Redazione.

Cosa significa ricoprire il ruolo di segretario generale della Fidal? Di cosa si occupa principalmente?

È un ruolo di grande responsabilità. Il Segretario Generale è l’interfaccia fra il Presidente, che insieme al Consiglio Federale ha una responsabilità “politica”, e il mondo dell’atletica: gestisce il personale, coordina le Aree, si occupa del Bilancio federale e delle politiche di sviluppo. Un burocrate, ma in una accezione moderna e manageriale.

 Gli Italiani sono per antonomasia un popolo amante del calcio: eppure, negli ultimi anni, è tangibile il diffondersi della passione sportiva verso altre discipline. Quanto è cresciuto, secondo lei, l’amore degli italiani per l’atletica negli ultimi anni?

A volte diciamo che in Italia milioni di persone fanno atletica senza sapere di farla. Come definireste i runner che popolano le nostre Città, i Parchi, i lungomari? Sono atleti, a tutti gli effetti. Per questo bisogna lavorare “in parallelo” quando si parla di impiantistica per l’atletica: recuperare i templi di questi sport, le piste sparse su tutto il territorio nazionale, e adeguare le Città per farne “campi” a cielo aperto, sport friendly, attrezzate, con percorsi running e informazioni per una attività sportiva salutare e consapevole. Questa è la nuova frontiera che stiamo esplorando in via sperimentale da qualche anno e reputiamo sia la strada giusta. Calcio o non calcio.

In che modo è possibile avvicinare ulteriormente i giovanissimi allo sport?

Guardi, il primo passo devono farlo le Istituzioni, dando la sensazione che nel percorso di formazione dei ragazzi lo sport abbia un ruolo importante. E per adesso sembra tutto il contrario. Subito a ruota serve una grande collaborazione fra il mondo dello sport e i decisori politici, per favorire la pratica dell’attività sportiva nei centri urbani, come dicevo prima, “a chilometro zero”, accessibile a tutti, transgenerazionale.

A suo parere, le istituzioni scolastiche possono avere un ruolo determinante da questo punto di vista?

Come ho già detto non è un problema di istituzioni scolastiche, ma di visione generale e di programmazione.

La Fidal vede, ogni anno, nascere e crescere i grandi campioni italiani. Al di là di una carriera agonistica, qual è il valore dello sport nella vita di un individuo? Quale la forza dello sport contro le devianze sociali?

Può essere una forza dirompente. Lo sport è concettualmente incompatibile con le devianze, seppur non esista alcun settore immune da degenerazioni. È certo che lo sport, per definizione, spinga i ragazzi a comportamenti positivi, insegni loro ad avere un rapporto consapevole con il proprio corpo, li stimoli ad avere uno stile di vita sano. Dal nostro punto di vista, poi, abbiamo soddisfazioni enormi dai giovani e giovanissimi atleti che praticano atletica a livello agonistico; i problemi, semmai, iniziano quando il livello diventa altissimo, l’età si alza e alla passione si unisce l’esigenza di programmare una esistenza fuori dai campi. Questa è tutta un’altra storia, però, sulla quale lavoriamo con il medesimo impegno.

Anna Formica

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