venerdì, Novembre 22, 2024
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“Venti d’indipendenza” soffiano sulla Catalogna

La Catalogna è una comunità autonoma situata nella zona nord-orientale della Spagna. È governata dalla Generalitat de Catalunya che è composta da un parlamento, un consiglio esecutivo e da un presidente. Dichiaratasi “nazione” nel preambolo del suo statuto autonomista, gode di una forte autonomia ed esprime rivendicazioni indipendentistiche derivanti dalle peculiarità linguistiche e culturali della zona.

Forse la voglia di riscatto dinanzi ai divieti imposti dal dittatore Franco dal ’39 al ‘75 nei confronti di lingua ed istituzioni locali o forse la mancata autonomia in ambito fiscale ed economico di una regione che è in realtà consapevole di quanto le proprie imprese potrebbero giovare del mancato pagamento delle tasse alla Spagna, hanno condotto i catalani a sposare la causa secessionista.

Il sogno dell’indipendenza ha dei precedenti, già nel novembre del 2016 si era parlato di una consultazione sull’autodeterminazione, che però non è stata riconosciuta dal governo di Madrid e ritenuta illegittima. Nel novembre dell’anno successivo, la camera catalana ha avviato il processo di creazione di uno “Stato indipendente in forma di repubblica nella regione, ma Madrid si è opposta duramente e il provvedimento è stato annullato dalla Corte Costituzionale spagnola.

Il presidente catalano, però, ha indetto un nuovo referendum per l’1 ottobre 2017 a cui hanno aderito più di 700 sindaci catalani, a cui Madrid si è nuovamente opposta. In risposta è stata approvata la legge di rottura- che è stata poi sospesa- in caso di vittoria del “sì”. Il voto si è tenuto comunque, nonostante gli scontri dei manifestanti e l’irruzione della Guardia Civil in alcuni seggi. Secondo la Costituzione spagnola, infatti, il voto in Catalogna non era legale e non ha alcuna validità.

Poco dopo le votazioni, il presidente catalano Carles Puigdemont, si è presentato davanti alle telecamere della Generalitat, e ha commentato il risultato del referendum, accusando inizialmente lo Stato per le violenze da parte della polizia spagnola nei seggi e promesso che applicherà il risultato del referendum, affermando: «Noi cittadini della Catalogna ci siamo guadagnati il diritto ad avere uno stato indipendente che si costituisca nella forma di una Repubblica». Comunque vadano le cose, l’unica certezza è che Carles Puigdemont, per la lunga lista di violazioni commesse, dovrà affrontare un’imputazione a 25 anni di carcere. Egli infatti, ha dalla sua parte il popolo degli indipendentisti, pari a meno del 40% dei 5 milioni che avrebbero potuto votare, ma che non si sono neanche presentati ai seggi.

Intanto a Madrid la popolazione si è riunita nella piazza de Colon e nella calle de Serrano con bandiere spagnole e cartelli a favore della difesa dell’unità nazionale, della Costituzione e dello stato di diritto. Centinaia di persone si sono riunite anche a Barcellona, davanti al palazzo della Generalitat, per chiedere dialogo tra governo di Madrid e autorità catalane.

Il primo ministro spagnolo Mariano Rajoy ha dato un ultimatum al presidente Puigdemont per «confermare se nel suo intervento all’Assemblea catalana ha dichiarato o no l’indipendenza della Catalogna»; lo scontro è sempre lo stesso, la legalità dalla parte di Madrid e la volontà popolare dalla parte di Barcellona. Il governo di Madrid è disposto a prendere tutte le misure necessarie per difendere gli interessi spagnoli mente il presidente Puigdemont ha dichiarato di essere disposto ad aprire “un dialogo senza condizioni” con Madrid per nominare un mediatore, questo potrebbe aprire le porte per un eventuale passo avanti per la Catalogna.

 

Viviana Basile IV D BA

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