domenica, Dicembre 22, 2024
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SIATE AFFAMATI, SIATE FOLLI!

Steve Jobs, genio informatico, creatore e cofondatore della Apple, ad una cerimonia di laurea alla Stanford University della California nel giugno 2005, quando era stato già colpito da una terribile malattia che lo avrebbe portato alla morte, è stato autore di una riflessione talmente forte e toccante che non può non essere ricordata ancora oggi e, forse, ancora di più oggi!

Punto di partenza la seguente citazione “Se vivrai ogni giorno come se fosse l’ultimo, sicuramente una volta avrai ragione”. Il principale timore di Steve era che i ragazzi non vivessero pienamente la loro età, che si fermassero all’apparenza e tendessero ad essere molto superficiali anche per quanto riguarda la propria persona e il proprio futuro. Egli nel suo discorso non vuole parlare del suo denaro o del suo successo ma, prima di lanciare il famosissimo monito, vuole descriverci l’agente di cambiamento per eccellenza: la morte. Accorgersi di cosa essa realmente sia, porta ad apprezzare il nostro tempo nella consapevolezza del suo essere limitato e il grande guru dell’informatica ci comunica dell’importanza ulteriore che la vita ha raggiunto per lui dopo aver sfiorato la morte.

Dura e cruda verità assoluta per ogni uomo, non importa religione, etnia, ceto sociale, chiunque dovrà fare i conti con quella che Jobs definirà la più grande invenzione della vita, un ente “a cui nessuno è mai sfuggito”, che “spazza via il vecchio per fare posto al nuovo”. Il nuovo di cui lui ci parla siamo noi e dobbiamo avere il coraggio di seguire il nostro cuore e farci carico della responsabilità di essere il futuro.

Il messaggio di Jobs è stato dimenticato da molti anche se di fondamentale importanza per i giovani di oggi che, come Steve a suo tempo, hanno perso la speranza e la voglia di esplorare il mondo. Lui stesso ci esorta a proseguire sul percorso costellato esclusivamente dalle nostre passioni, dicendo: “l’unico modo di fare un bel lavoro è amare ciò che si fa”; inoltre intima agli ascoltatori e ai  lettori del suo discorso “non lasciate che il rumore dell’opinione altrui offuschi la vostra voce interiore” ricordandoci che al primo posto ci siamo noi, i nostri ideali e pensieri consigliando anche di vivere ogni giorno come fosse l’ultimo, fare ogni cosa al meglio e farla come noi desideriamo e, soprattutto, che a volte è meglio credere in poche cose ma crederci fino in fondo che perdersi in situazioni complicate premeditate dalla società.

Ripetiamolo ancora e ancora: Siate affamati, siate folli.

Affamati di vita, di sapere, di conoscenza ed esperienza e anche folli di gioia, delle scoperte, folli da riuscire ad ascoltare se stessi piuttosto che gli altri perché ciò che la società ritiene folle è questo: qualcuno che non segue gli schemi, che supera barriere e infrange ogni limite. Un augurio fantastico che calza a pennello per chi vuole addentrarsi in un mondo nuovo e senza scrupoli, che è pronto a divorarti alla prima distrazione, a cacciarti al primo errore, ecco la realtà: un mondo insidioso e crudele nascosto dietro cravatte e sorrisi. Ma se si riesce ad imporsi, se si lascia il segno, se si realizza ciò per cui si studia e fatica da anni, allora si può dire “io ce l’ho fatta” che, attenzione, non vuol dire “sono arrivato al traguardo” ma vuol dire essere consapevoli che si deve puntare sempre più in alto.

Quell’ io ce l’ho fatta non è una fine ma un nuovo inizio per qualcosa di ancora più straordinario.

 

Miriam Cambria III C BS

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