Consigli pratici per giovani parlanti
Se imparassimo a mettere da parte le grandi lezioni della lingua che ci arrivano dai capolavori della nostra letteratura e tornassimo a noi, comuni mortali, per sviluppare la capacità di esprimerci in modo chiaro e corretto? La lingua muta senza tregua, e noi dobbiamo essere attenti a coglierla per non restare indietro. Ne cogliamo i sintomi nella vita quotidiana, nei giornali, nei libri, in quel mondo nel quale le parole invecchiano e noi dobbiamo fare incetta di parole nuove e idee e ricominciare tutto da principio. L’italiano ha perso il suo gusto, si è infarcito di svarioni di ogni tipo.
Le persone “colte” ripuliscono il loro linguaggio evitando con cura ogni traccia di espressività individuale, confondendo la chiarezza e la correttezza della grammatica con la mancanza di sensibilità e del gusto del colore. Accade infatti che ricercando ossessivamente la forma “nobile” nello scrivere e nel parlare creino un percorso inverso, volto ad una ristrettezza e mediocrità del vocabolario. Spesso gli acculturati odiano i dialetti. Ed odiando i dialetti, odiano la vita. Questo immenso potere che ci differenzia dalla fauna mondiale, la parola, spiega lo sviluppo della nostra società, del nostro essere “esseri umani”. Nei dialetti noi scrutiamo la nostra origine, il motivo per cui abitiamo quelle terre (d’altronde il dialetto si caratterizza dalla territorialità), nei dialetti corrono secoli di storia e tanti perchè a cui crediamo di non poter mai dare risposte. Il nemico di questi “cattedratici” è l’idiotismo. Non spaventiamoci, il vocabolo non ha certamente il significato che attribuiamo al termine “idiota”; esso deriva dal greco, idiotimòs, e indica quella parola o locuzione che si allontana dalla grammatica generale ed è propria di una lingua o di un dialetto di una regione o provincia entro i confini della nazione, mai straniera. Si veste di corretta forma linguistica e assurge a dignità di espressione letteraria. Quando diciamo o pronunciamo frasi o voci come “correre la cavallina”, “mangiar la foglia”, “non aver il becco di un quattrino”, non facciamo che trasportare nella lingua nazionale voci e locuzioni di origine schiettamente dialettale. L’idiotismo, insomma, dà colore e gusto alla pagina.
Il linguaggio cambia col mutare della realtà: si formano nuove parole per esprimerla o le parole vecchie si vestono di nuovo. Leggiamo i classici ma non addormentiamoci sui classici. Certo, essi non si toccano, rappresentano un punto fermo. Ma la nostra vita è diventata così difficile che non sembra possibile limitare il nostro modo di essere alla fissazione di certi canoni di bellezza ideale propri di un mondo ormai scomparso. Accanto alla conoscenza e all’amore per i grandi spiriti che hanno illuminato il cammino dell’umanità, collochiamoci accanto il linguaggio riesaminato senza i conformismi intellettuali, senza preconcetti e senza paura. Educhiamo, allora, a leggere i classici ma anche i giornali. Leggere i giornali non dimenticando di andare a teatro. Leggere Manzoni ma anche l’articolo provocatorio o la “pièce” scandalistica. Per assimilare non occorre solo leggere, ma dare alla lettura un contributo attivo, critico, per partecipare culturalmente al mondo espresso dallo scrittore evitando, però, le parole di “moda”, le affermazioni ampollose, le frasi fatte, le ripetizioni. Aforismi, esasperazioni linguistiche, significati impropri sporcano le pagine dei social network, e noi diventiamo personaggi con una sola maschera.
Marina Piperissa