VENTITRÈ MAGGIO DUEMILADICIASSETTE
Diario di Bordo dalla Nave della Legalità
Sul pullman del ritorno, guardando alle mie spalle, quel tramonto color fuoco sopra Capo Zafferano mi sembrò, per un attimo, di un rosso così intenso come non l’avevo mai visto.
È ovvio che stessi mentendo; per di più sapendo spudoratamente di mentire. In quel rosso, in realtà, volevo condensare tutta l’emozione visiva delle ultime due giornate, vissute in giro fra treni, nave e pullman per un evento che tutta la Nazione stava ancora finendo di seguire in televisione: il ricordo dei giudici Falcone e Borsellino e dei poliziotti della scorta, a venticinque anni dalla loro uccisione per mano mafiosa.
Si sa, le ricorrenze in cifra tonda sono quelle destinate a fare la Storia, ma sono anche le più pericolose. Non sarebbe piaciuto a nessuno, ne sono certo, sentire parole inutili in quest’occasione. Ho un’età per ricordare quei giorni terribili del 1992 e, come tutti, so dove fossi e cosa stessi facendo il 23 maggio e il 19 luglio di quell’anno, i giorni delle stragi. A noi non servono le parole, perché quei fatti ci hanno segnato dentro personalmente. Chi ha meno di trent’anni, però, ha un bisogno assoluto di sapere. I ragazzi delle scuole, soprattutto, dai più piccoli a quelli che si avviano alla maturità, devono avere ben chiaro in mente chi fossero e cosa fecero quei due giudici, perché la memoria ha bisogno di essere alimentata continuamente per non morire.
Quest’anno l’ITT Majorana di Milazzo, ha avuto l’onore di vivere la ricorrenza dall’interno. Come vincitori per la Sicilia, tra le scuole superiori di secondo grado, di un concorso del MIUR, siamo stati invitati sulla Nave della Legalità che ha viaggiato tra Civitavecchia a Palermo e abbiamo partecipato, insieme alle altre scuole vincitrici per ogni regione, alla giornata del 23 maggio in ricordo delle stragi. È un premio che non ci ha riservato un attestato da appendere, né coppe o trofei da alzare; non è arrivato tra gli applausi del pubblico ma con un breve avviso della Fondazione Falcone via web. Tuttavia è uno dei riconoscimenti più forti e importanti che possa ricevere un’istituzione scolastica. Un premio che entra di diritto nell’anima.
La delegazione del Majorana, composta dalle alunne: Melissa Bilardo, Carlotta Giovenco, Enora Sophie Mazzeo e Alessia Setàro, guidata dal professor Nicola Conte e da chi scrive, ha potuto vivere l’emozione del viaggio in nave. Ogni parola ascoltata, azione o suono, è diventata parte di una cornice più ampia; persino il badge che ci ha permesso banalmente l’accesso a bordo, è stato per noi il contrassegno palese dell’esserci. Durante la serata, Falcone è stato ricordato in un confronto a più voci moderato da Nando Dalla Chiesa. Hanno parlato, fra gli altri: il vice presidente del CSM Giovanni Legnini, il ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli e il presidente del Senato, Piero Grasso. La testimonianza più intensa l’ha resa, però, Giuseppe Costanza, l’autista di Giovanni. Lui a Capaci c’era; è l’unico sopravvissuto della Croma blindata del giudice. Mentre rievocava gli ultimi momenti prima dell’esplosione, ogni cosa è parsa fermarsi nella sala, tutti i volti si sono bloccati, ogni respiro sospeso. Persino la nave sembrava stesse navigando, irrealmente, a motori spenti. Il silenzio si è fatto emozione.
La mattina dopo, al molo di Palermo la nave è stata accolta dai ragazzi delle scuole medie. È stata una festa. Tutta la giornata siciliana è trascorsa festosa ma composta al tempo stesso. Il luogo di riunione era piazza Magione. In città la nostra delegazione è cresciuta: se in nave il numero dei partecipanti per ogni scuola era deciso dal MIUR, a Palermo è stato possibile far arrivare un pullman con gli alunni delle classi 2C BS, 2B EE, 2B MM, coordinati dai docenti Franca Cinnamella e Fabio Currò. Le colleghe Franca Genovese e Rossella Scaffidi, promotrici del progetto, purtroppo non c’erano, ma sono state costantemente nei nostri pensieri. Alla Magione abbiamo vissuto un vero happening: sole, caldo, colori, il sacco del pranzo, gli ospiti sul palco, foto, cartelli, striscioni. La risposta migliore alle cose negative è il senso positivo della vita: è una verità. Non stavamo piangendo i morti del passato, lì in piazza, ma celebravamo la loro presenza sempre viva.
Il corteo vero e proprio è partito da via d’Amelio ed è arrivato sotto l’Albero Falcone di via Notarbartolo. Nel tragitto abbiamo incrociato la via Di Blasi, dove davanti a un bar, il 21 luglio del 1979, fu ucciso il capo della squadra mobile Boris Giuliano. L’Albero Falcone è davvero enorme; una magnolia completamente accostata all’edificio in cui abitava il giudice, al civico 23. Un albero grande è già di suo un monumento alla vita; questo ancora di più. Alle 17.58, l’ora dell’esplosione di Capaci, il Silenzio suonato da un carabiniere, proprio sotto l’Albero, ha chiuso le manifestazioni. Il mare di gente che inondava la strada, in parte è riandato alla nave. Noi siamo tornati a Milazzo.
Mi sono girato nuovamente: c’è ancora quel rosso infuocato sopra capo Zafferano, con Palermo ormai abbondantemente alle spalle. Non so quanto tempo ci ho messo a rimettere in ordine i pensieri; forse poco più di un attimo. In verità, ho sempre preferito le albe ai tramonti e il motivo è persino intuibile ma questa volta è diverso. Ne sono certo.
Francesco Galletta