TE LA RICORDI QUELLA NAVE??!!
Apro gli occhi appena la sveglia comincia a suonare. Mi stiracchio leggermente e mi metto a sedere sul letto, evitando che i piedi, penzoloni, tocchino il pavimento freddo. Prendo un po’ di coraggio, mi alzo e raggiungo repentina la cucina. La televisione è già accesa. Mentre preparo la colazione, una telecronaca interrompe il mio stato di trance. «Sono passati trentacinque anni – dice la giornalista – dall’attentato di Capaci, in cui morirono il giudice Giovanni Falcone, con la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro». La mia mente ora è un flusso di pensieri; comincio a ripercorrere quei due giorni, il 22 e il 23 maggio del 2017, esattamente dieci anni fa. Il telefono squilla. Con un gesto rapido lo prendo e rispondo, senza neanche guardare chi possa essere a quest’ora del mattino. «Pronto, Carlotta? Stai guardando il telegiornale?» Riconosco la voce: è lei, la mia compagna di avventura di quei due giorni di dieci anni prima. «Sì, la sto guardando anch’io e mi è subito tornata in mente quella sera del ventuno maggio, quando siamo partiti in treno dalla stazione di Milazzo e, poi, il giorno dopo da Civitavecchia in nave per Palermo. La nave della legalità. Eravamo così emozionate!».
Rispondo guardando in tv le immagini dei ragazzi che sono appena arrivati a Palermo. «Ti ricordi quando ci hanno dato il badge? – dice lei – Il laccetto era amaranto». Sto guardando le immagini e mi sembra di rivivere di nuovo quei momenti: l’euforia, l’emozione, la commozione nel ricordo di un evento così importante. Mi fermo un attimo cercando di riprendere in mente anche dettagli i più piccoli. «L‘attesa sulla nave prima di partire – aggiunsi – io me la ricordo! E quando lasciammo il porto, con quella la brezza che ci scompigliava i capelli delicatamente. Tu invece? Ricordi le mille foto fatte negli specchi che decoravano i locali della nave?». «Certo – rispose lei – come dimenticarle! Da qualche parte devo averle ancora, ma non so esattamente dove. Per non parlare della colazione alle 6:45, quando addentammo quell’unico cornetto con gli occhi ancora piccoli per il sonno».
Sento dall’altro capo del telefono una risata che mi contagia immediatamente. «E quel latte con un po’ di caffè spacciato per cappuccino?». Continuo a ridere che quasi mi strozzo. «Sai a cosa sto pensando anche? Alle canzoni che ci hanno svegliato quella mattina sulla nave». Vero, ci eravamo alzate già arrabbiate maledicendo il mondo intero. Ma all’arrivo a Palermo ci rendemmo conto della magnifica giornata che ci aspettava, dimenticando subito il modo brusco con cui ci avevano svegliate. Ridacchio leggermente prima di attaccare: «Ci sono stati uomini che sono morti giovani ma consapevoli che le loro idee
sarebbero rimaste nei secoli, come parole, iperbole, intatte e reali come piccoli miracoli». Canticchio la canzone di Fabrizio Moro che stanno mandando, ancora una volta, in TV e contagio anche la mia amica.
«Mi ricordo ancora le manate di pittura sulle maglie bianche, in piazza Magione», mi dice lei di punto in bianco. «Sì – rispondo io – ci siamo proprio divertite quella volta, vero? La cosa più bella, però, sai qual è? Quell’esperienza ha contribuito a formare la nostra conoscenza. A distanza di dieci anni ci ricordiamo anche i dettagli». La sento sospirare: «È bello sapere che quando eravamo più piccole, noi abbiamo portato avanti le loro idee e che i giovani di questa generazione, adesso, stanno facendo la stessa cosa».
Vero, dobbiamo continuare tutti sulla strada di Falcone e Borsellino, perché la mafia possa essere finalmente debellata. Porteremo sempre nel cuore l’esperienza della nave della legalità perché è stato un evento straordinario che ci ha dato un’emozione unica.
«Carlotta! Carlotta, guarda che la prof parla con te! Ti ha già chiamato tre volte!»
«Allora Carlotta, mi porti il compito? Insomma, mi spieghi che stavi facendo? Perché non mi ascoltavi?»
«Che cosa stavo facendo? Nulla prof; nulla, davvero. No; in effetti, pensavo a quando sono stata … sarò … vabbè lasci perdere. Arrivo.»
Carlotta Giovenco 2C BS