Il tempio di Ercole…una meraviglia a San Marco d’Alunzio!
Antica Alontion greca, Haluntium con i Romani e Demenna con i Bizantini, San Marco con i Normanni e nel 1867 diventa finalmente San Marco d’Alunzio.
Oggi San Marco d’Alunzio, detta Sammarcu in dialetto siciliano, è un antichissimo paese della provincia di Messina, impreziosito da chiese, biblioteche, da un museo etno-antropologico brasiliano allestito presso il Convento dei Frati Minori Cappuccini, che con la sua collezione di minerali e fossili ed altri reperti provenienti dal Brasile, è l’unico nel suo genere, presente nell’Italia meridionale. Oggetto della nostra attenzione è però un tempio greco del IV secolo a.C. dedicato ad Ercole, unico in provincia di Messina che gli conferisce una singolare identità. Basteranno queste ragioni per avere inserito questo paese nel circuito dei Borghi più belli d’Italia? Noi diciamo di sì e poi dall’alto dei suoi 548 metri San Marco domina la costa tirrenica da Cefalù a Capo d’Orlando e fino alle isole Eolie, e la sua splendida veduta , è uno spettacolo impareggiabile come quello offerto dalle sue strade in porfido rosso con venature bianche o anche grigio azzurro con venature bianche , calpestate da tante genti che nei secoli si sono succedute. Un motivo in più per visitare e conoscere il Borgo, respirare la sua aria pura, immerso come è nel Parco dei Nebrodi, e per scoprire le sue testimonianze: greca, romana, bizantina, araba, normanna e barocca.
E tappa obbligatoria è appunto il Tempio di Ercole che venne edificato nel IV sec. a.C. su un gradone roccioso prospiciente l’abitato. Esso si può definire per valenza storico-artistica ed architettonica uno dei più significativi monumenti aluntini ed essendo l’unico ben conservato della provincia di Messina, rappresenta una grande testimonianza dell’età classica nel messinese. Si ritiene fosse utilizzato per attività sportive collegate al culto di Ercole. In stile dorico, a pianta rettangolare, con pronao sul fronte, struttura “in antis” e con muri laterali terminanti in due ante, tra le quali si innalzavano due colonne, la sua costruzione, è in conci rettangolari di pietra tufacea. Questo particolare tipo di travertino spugnoso si pensa fosse estratto, da una cava presente nella valle del Rosmarino. All’inizio del 1600, secolo che vede il trionfo del Barocco, il portale fu arricchito di fregi e decorazioni marmoree di tale gusto, ma nei secoli successivi la chiesa subì gravi danni, raggiungendo il totale abbandono nel XIX secolo quando vennero prelevati molti blocchi per essere utilizzati in altre costruzioni. Oggi esiste la sola cella, zona sacra riservata ai sacerdoti.
Il 21 maggio del 2015 è stata una data importante per il tempio, perché è stato restituito un rocchio di colonna, (per rocchio si intende ciascuno dei blocchi di pietra, a forma cilindrica, che possono comporre il fusto di una colonna).
L’avvenimento, è stato di grande interesse storico perché ha rappresentato la restituzione di un importante ritrovamento archeologico nelle mani dei cittadini aluntini a testimonianza di un luminoso passato che fu quello dell’Alontino greca. A portare a termine l’operazione sono stati Antonello Pettignano, Direttore del Museo della Cultura Bizantina e Normanna, e la Responsabile dei Servizi Turistici Maria Teresa Rabbone.
Il tempio era legato al culto di Ercole. Ma cos’è questo culto? Sono stati dei ricercatori Focus a sciogliere un enigma dell’antichità: il vero culto di Ercole in Italia (praticamente caduto nell’oblio) e la via Heraclea sono esistiti davvero? Oggi possiamo esserne certi. La via, partiva dalla Sicilia, toccava molte località della Calabria, proseguiva per Campania, Lazio, Toscana, tagliando lo stivale verso le Marche, proseguiva in Veneto e in Friuli. Piegava a ovest per la Pianura Padana, attraversava Piemonte e Liguria e superava le Alpi fino alla colonia greca di Marsiglia. Giorgio Arnosti, del Gruppo Archeologico Cenedense di Vittorio Veneto, ci spiega che quando, in età preromana, si viveva soprattutto di pastorizia, Ercole era venerato dagli allevatori delle varie stirpi italiche e come la Penisola fosse percorsa dai commercianti, anche provenienti dalla Grecia, diretti alle colonie del Nord come Marsiglia.
Ercole a cui era dedicata questa grande via, era nato da una delle tante relazioni illegittime di quel “birbone” di Zeus con Alcmena, e per questo fu il capro espiatorio della gelosia di Era (Giunone) che addirittura gli mise nella culla dei serpenti che dovette strangolare. Una volta grande, divenne forte e sicuro di sé, imparò a guidare il carro, a usare la spada, a tirare con l’arco e il pugilato (oltre che a suonare la lira, il canto e la letteratura) e dopo aver fatto proprie tutte queste arti venne per lui il momento più difficile, ovvero la scelta tra due dee, una della virtù e l’altra del vizio. Scelse la prima. Era non accantonò la sua folle gelosia e riuscì a farlo impazzire nel momento di maggiore celebrità. Aveva da poco liberato Tebe dai Mimi e sistemato per bene altri tiranni, quando Era gli fece uccidere sei figli, facendo in modo che li scambiasse per nemici. Accortosi dell’errore, preso dalla disperazione si recò dalla Pizia, l’oracolo di Delfi che, per volere di Zeus, lo mandò a compiere le celebri dodici fatiche su ordine del sovrano-fratello Euristeo che regnava a Tirinto. Le sue dodici fatiche si svolsero nel Peloponneso, poi in Magna Grecia, Spagna, Francia, Nord-Africa, Medio Oriente: uno scenario che corrisponde all’espansione del suo culto. In questi luoghi avvennero le celebri fatiche, la lotta contro il leone di Nemea, il drago del lago di Lerna, contro il cinghiale sul monte Erimanto, contro gli uccelli sul lago di Stinfalo. E ancora la pulizia delle stalle del re Augia, la cattura del toro dell’isola di Creta, l’uccisione del mostro Gerione, il furto dei pomi d’oro nel meraviglioso giardino abitato dalle Esperidi, figlie della stella della sera e per finire la cattura di Cerbero, l’ultima e la più impegnativa fatica che ha condotto Ercole nel regno dei morti per catturare Cerbero, un mostro metà cane e metà drago, con tre teste. In Italia l’eroe del mito compì soprattutto la sua decima fatica.
Come spiega Attilio Mastrocinque, storico dell’Università di Verona, Ercole era molto legato alle sorgenti termali. Si spiega così perché Santa Cesarea Terme, nel Salento, sarebbe il luogo dove alla fine sprofondarono i Giganti sconfitti. In Sicilia, a Segesta, si pensava che le ninfe avessero fatto zampillare sorgenti per farlo bere, dopo una delle sue imprese. A Siracusa gli fu dedicata la fonte Ciane, dove avrebbe compiuto il sacrificio di un toro. Ma il suo culto era diffuso anche a Roma, dove in una caverna del colle Aventino, aveva dimorato Caco, un altro mostro che tentò di rubare le mandrie di Ercole e che ebbe ovviamente la peggio. Il culto è attestato anche a Orvieto e presso Cerveteri. Ercole, fu una delle pochissime divinità a far parte, nel VI sec. a.C., in epoca preromana, del Pantheon degli antichi Veneti. Sculture di Ercole e luoghi di culti si trovano anche in Friuli ed aree votive sono state rinvenute in Valcamonica (Lombardia) e a Usseglio (Piemonte).
Federica Bertè, Samuele Maiorana, Sofia Pontoriero, Samuele Currò
Classe I C Scuola media Garibaldi