Che ne sanno i Duemila? I ragazzi di oggi di fronte all’Olocausto degli Ebrei: riflessioni e sentimenti attraverso le ricostruzioni cinematografiche.
IL BAMBINO CON IL PIGIAMA A RIGHE
Il 27 gennaio 1945, venivano aperte le porte di Auschwits e si scopriva l’orrore dei lager.
Quello che è successo è qualcosa che va aldilà di “ogni limite umano”, un olocausto talmente grande che niente potrà mai cancellare o giustificare.
In occasione di questa giornata a scuola abbiamo visto il film, “Il bambino con il pigiama a righe”, una storia drammatica, ambientata in un campo di concentramento.
Bruno è un bambino di otto anni; un giorno a seguito di una promozione del padre, ufficiale nazista, deve lasciare la città e i suoi amici per trasferirsi in campagna insieme alla sua famiglia. Da solo e senza amici inizia ad esplorare i dintorni scoprendo che poco distante sorge un campo di concentramento, un luogo dove avveniva l’eliminazione degli ebrei. Qui conosce Shmuel, un bambino ebreo suo coetaneo.
Nonostante i due siano divisi da un filo spinato nasce una bella e profonda amicizia, che porterà Bruno a oltrepassare la recinzione e ad andare inconsapevole incontro alla morte in una camera a gas insieme all’amico del cuore Shmuel. Questa storia mi fa pensare che, sebbene intorno vi sia solo malvagità, l’amicizia tra i due bambini è più bella e più forte di ogni altro sentimento. La loro innocenza fa sì che non si rendano conto delle atrocità che li circondano.
Ritengo che l’uomo possa compiere azioni di grande umanità, ma nello stesso tempo essere la più malvagia delle creature.
Nonostante la consapevolezza degli errori del passato, si continua a tramandare l’odio e la violenza contro altri esseri umani
Quindi è giusto ricordare, perché dimenticare vuol dire cancellare tutto quello che è stato… e non si può!
Denise Giorgianni – classe 1 A
IL TRIONFO DELL’ AMORE
Il film “La vita è bella” racconta la storia di Guido che, in quanto ebreo, viene arrestato e portato con la sua famiglia in un campo di concentramento. Ma il protagonista, interpretato da Roberto Benigni, non si perde d’animo ed inventa un gioco per il figlio, sdrammatizzando l’orrore che stava accadendo in quel particolare periodo storico.
Il gioco consisteva, a detta del padre, nel totalizzare dei punti fino a vincere un carro armato e grandissima è stata la sorpresa quando, per pura coincidenza, alla fine del film, arriva proprio un enorme carro armato.
Questo per me è il simbolo della speranza che ha finalmente salvato gli ebrei da quel brutto sterminio spietato. Spero che non succeda mai più tutto questo nei confronti di qualsiasi essere umano e che la pace regni tra i popoli.
Federica Grillo I D
Un “gioco” chiamato … Shoah
“Questa è una storia semplice, eppure non è facile raccontarla, come in una favola c’è dolore e come una favola, è piena di meraviglia e di felicità”. (Dal film La vita è bella)
In occasione della Giornata della Memoria abbiamo visto, a scuola, il film “La vita è bella”. È la storia di un padre che cerca di rendere il figlio felice e proteggerlo, pur essendo in un campo di concentramento, tra sofferenze e disumanità.
Per salvare il piccolo Giosuè dagli orrori del lager, Guido, interpretato da Roberto Benigni, “traduce” tutte le regole del campo di sterminio in un emozionante gioco in cui dovranno essere affrontate prove tremende per vincere il desiderato premio finale, un carro armato. I giorni passano e Giosuè entra attivamente nel vivo del “gioco” e riesce a trascorrere il suo tempo in maniera quasi normale.
Il finale è triste in quanto Guido, mentre è alla ricerca della moglie, viene scoperto e fucilato, ma prima riesce a nascondere Giosuè in una cabina, promettendogli di ritornare. Il bambino, quando il lager viene liberato, è salvato da un soldato americano che lo fa salire su un carro armato e, convinto di aver vinto il premio finale, è felice; infine ritrova e abbraccia la mamma.
Giosuè adulto, alla fine del film, dirà: “Questa è la mia storia, questo è il sacrificio che mio padre ha fatto, questo è stato il suo regalo per me”.
Questo film rappresenta il dramma vissuto dagli ebrei in epoca nazista, dramma visto dagli occhi di un bambino che riesce a conservare la sua spensieratezza, il suo essere ingenuo e innocente grazie ad un padre che con tenerezza riesce a proteggerlo dalla crudeltà disumana dell’Olocausto.
Tante le emozioni in questo racconto della Shoah, delicato e commovente, pieno di poesia e di dolcezza, in cui la vita vince sulla morte perché, nonostante il dolore e la tristezza, la vita è bella.
Irene La Malfa III D – Scuola Secondaria di primo grado “E. Fermi”
San Filippo del Mela