Universitari Sgrammaticati: i docenti chiedono aiuto
Pochi giorni fa, per iniziativa del Gruppo di Firenze per la scuola del merito e della responsabilità, concordata da circa 600 docenti universitari – insieme ad accademici della Crusca, rettori, storici e filosofi, storici dell’arte, docenti di diritto e sociologi, matematici, pedagogisti e neuropsichiatri – è stata redatta una lettera rivolta al Presidente del Consiglio, alla Ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli, al Governo ed al Parlamento. Lo scopo? Proporre delle soluzioni per il “declino dell’italiano a scuola”.
Citando testualmente la lettera: “È chiaro ormai da molti anni che alla fine del percorso scolastico troppi ragazzi scrivono male in italiano, leggono poco e faticano a esprimersi oralmente. Da tempo i docenti universitari denunciano le carenze linguistiche dei loro studenti (grammatica, sintassi, lessico), con errori appena tollerabili in terza elementare.”
Questo accade perché “non si vede una volontà politica adeguata alla gravità del problema” che può essere risolto, secondo i mittenti, con una revisione delle indicazioni nazionali riguardo l’acquisizione delle competenze di base e le tipologie di esercitazioni; l’introduzione di verifiche nazionali periodiche durante la scuola primaria e secondaria di primo grado riguardo tutte le competenze di base che devono essere acquisite; il reinserimento dell’esame in uscita dalle scuole elementari e il mantenimento di quello della terza media.
Valeria Fedeli, ministro dell’istruzione, dell’Università e della Ricerca dal 12 dicembre 2016, ha risposto: “Me ne accorgo tutti i giorni e ne avevo consapevolezza ancor prima di diventare ministra. Un po’ di cose le stiamo organizzando, […] rafforzeremo le competenze di base e combatteremo le disuguaglianze. Con il ministero dei Beni Culturali organizzeremo una promozione della lettura dei libri extrascolastici e con la Federazione della Stampa porteremo i giornali nelle classi.” Aggiunge inoltre che “Le elementari, in Italia, funzionano. È alle medie che dobbiamo far crescere la lettura, la scrittura, la capacità di sintesi.”
La Ministra dell’Istruzione nomina anche, con orgoglio, le “Olimpiadi di Italiano” che si svolgono da ormai 7 stagioni, contando quest’anno 57.000 studenti partecipanti, contro i 15.000 del 2014.
La colpa del semianalfabetismo dilagante però, come sostenuto da molti, non è né degli alunni né dei docenti, bensì della scuola: si tende a bocciare sempre meno e nel frattempo si promuove la “logica aziendalistica” per cui è meglio formare i ragazzi per diventare i lavoratori del domani, tagliando così i fondi alle materie umanistiche.
Come sostiene il filosofo e politico Massimo Cacciari “L’impianto dei vecchi licei è stato smontato senza riflettere su quali competenze siano comunque basilari per qualsiasi corso di studi. Adesso si tagliano fuori il latino o la filosofia, pilastri per un apprendimento logico che fino a prima costituivano un nucleo molto forte. Sembra che l’unica cosa indispensabile sia professionalizzare, ma non si vuole capire che alla base di ogni apprendimento ci sono le competenze linguistiche”.
La soluzione più formativa, semplice e piacevole però, ce l’abbiamo sotto gli occhi da sempre: leggere. Gli studenti vanno incoraggiati alla lettura quanto più possibile, per ampliare i loro orizzonti e la loro cultura, per indurli alla riflessione e soprattutto per padroneggiare gli strumenti espressivi che la nostra meravigliosa lingua può offrire.
Giorgia Di Bella 2B CH