lunedì, Dicembre 23, 2024
Comprensivo Milazzo 1

IL MOSTRO DELL’ISOLA SPERDUTA

Salve, io mi chiamo Vladimir D’Angelo, e sono l’autore di questi “pezzi” di avventura…. Ho deciso di scrivere un ‘racconto’ perché volevo sperimentare quello che provano gli scrittori. Protagonisti siamo io ed altri due miei compagni di classe. Ma non voglio anticiparvi nulla quindi…buona lettura!

 

Era una notte buia e tempestosa, il vento soffiava in maniera innaturale ed il mare sembrava impazzito. Ma torniamo un tantino indietro. I protagonisti di questo racconto siamo io (Vladimir), Joas e Paolo. Di professione facevamo i pescatori ed eravamo davvero bravi a prendere moltissimi pesci.                                                                                                                                                                                                                                                                                 Un giorno ci venne data la notizia che avevano avvistato un nuovo tipo di ancora sconosciuta agli umani. Senza indugio ci preparammo con tutto l’occorrente e partimmo alla volta del luogo dell’avvistamento. Remavamo a turni senza mai fermarci, fino a quando non giungemmo. C’era un silenzio inquietante ed insolito che durò cinque minuti, ma subito dopo si innalzò un vento fortissimo e il mare cominciò ad agitarsi sempre di più. Ad un certo punto la barca si sollevò. Guardammo sotto e vedemmo la coda di una gigantesca biscia marina. In un attimo ci ritrovammo scaraventati in aria. Cademmo in acqua, e per il brusco impatto, perdemmo i sensi. Mi risvegliai sulla spiaggia di un’isola sperduta e per giunta con la barca rotta. Non vidi i miei amici e pensai che fossero morti annegati. Allora decisi di incamminarmi verso quello che sembrava il bosco centrale, pieno di palme e abeti. Mentre camminavo sentii un urlo provenire dalla mia destra e sembrava la voce di Paolo. Corsi subito verso destra e vidi proprio lui, che era salito sopra un ramo perché un rinoceronte di Sumatra lo voleva incornare. Io pensai:” Chissà che avrà combinato con il rinoceronte? ”Allora presi un sasso e lo scagliai contro la bestia, che, incavolata con me, si lanciò alla carica. Io mi spostai dalla traiettoria e il grosso rinoceronte sbatté contro un pino enorme. Aiutai Paolo a scendere e corremmo via a cercare Joas mentre egli era rimase a terra stordito. Domandai a Paolo che aveva fatto per fare imbestialire il rinoceronte e lui mi rispose semplicemente:” Non ne voglio parlare!” Continuammo a camminare fino a che non sentimmo russare da una specie di grotta.

Entrammo nonostante la “fifa” e dall’altra parte vedemmo Joas sopra un masso ed accanto a lui c’era proprio …LA BISCIA MARINA! Con cautela ci avvicinammo. Quel posto non era così male perché ci arrivava il sole, c’era un lago dove abbeverarsi e un’arietta fresca e leggera. Joas intanto ci aveva visto e ci fece cenno di non avvicinarsi perché se si svegliava il mostro era la fine. Ma noi non lo capimmo e ci avvicinammo di più. Calpestammo, per sbaglio, la coda di uno scoiattolo che si mise a emettere versi strani.  Sapevamo che era la fine anche perché la biscia era già alle nostre calcagna e noi correvamo come pazzi verso la spiaggia. Sembrava che fosse davvero la fine, quando, sprofondammo dentro delle sabbie mobili.

Pensate che eravamo morti? In parte si. Cademmo in un tubo che ci trasportò dentro una specie di covo segreto.Lì trovammo un anziano che, anche se brutto e malridotto, ci disse di avvicinarsi. Quel vecchio era strano. Aveva una gamba di legno e gli mancava un occhio. Il vestito era puzzolente e fatto di una maglietta sudicia e dei pantaloni con le bretelle. Aveva anche un cappello macchiato da uno strano liquido verde. Ci avvicinammo come disse lui, proprio davanti a uno schermo enorme che inquadrava quella biscia gigante. Disse che stava su quell’isola da ben 70 anni, nell’intento di catturare quel mostro. Disse anche che da giovane era un famosissimo cacciatore di mostri, solo che il suo lavoro era inutile perché tutti affermavano che i mostri non esistevano. Dopo aver scoperto questo essere nei suoi numerosi viaggi, restò qui cercando di catturarlo. Solo che il mostro era molto intelligente e quindi rimase qui tutto quel tempo. Ci disse che aveva una capsula di salvataggio per tre persone (in caso di amici) e che l’avrebbe usata solo dopo la cattura del famigerato mostro. Ci guardò in silenzio e poi esclamò che se lo avessimo aiutato a catturare la bestia, lui ci avrebbe fatto scappare con la capsula. Accettammo senza indugio dopo le lamentele di Paolo e, con attrezzature speciali, uscimmo da un buco dentro un albero per cercare il mostro. L’attrezzatura era composta da una pistola a sedativi per balene, bombe a mano intrise di sonnifero e un bazooka che sparava una rete enorme ed elettrificata. Per trovarla seguimmo le tracce che lasciava sul suo cammino, tra cui una specie di bava viscida, alberi distrutti a morsi o a graffi e una puzza disumana. Tutte quelle tracce ci portarono al punto dove avevamo trovato Joas ed infatti proprio li trovammo la biscia. Guardando il rettile, notai che aveva un enorme graffio sulla schiena che non poteva mai aver provocato un animale. Quindi pensai che oltre alla biscia c’era qualcos’altro in quell’isola.

Qualcosa di grosso. Qualcosa di molto pericoloso. Proprio in quel momento Paolo vide una roccia muoversi e si mise a gridare:” Aiuto quella è stregoneria”. La roccia, spostandosi, aveva aperto un passaggio e da li uscì una specie di monaco con addosso una veste rossa. Sembrava molto vecchio, con una barba bianca e lunghissima e con un puntino nero sulla fronte. Quando vide le nostre armi, con estrema rapidità, ce le prese dalle mani e le distrusse con la forza cinetica. Poi con tono tranquillo ci disse:” Non dovete osare toccare il mostro perché è il protettore di questa isola. È stato confinato qui, per fare la guardia alla prigione creata per contenere un mostro così potente e così grosso che, se liberato, potrebbe distruggere il mondo intero”. Allora Joas, giustamente incuriosito, chiese dove era imprigionato il mostro potentissimo. Il monaco rispose con tono sarcastico:” E secondo voi io sarei cosi stupido da rivelare il posto segreto a dei ragazzini come voi?”. In effetti non aveva tutti i torti. Rivelare un segreto di quella portata a dei giovani di vent’ anni… Ma poi ci guardò attentamente da testa a piedi e disse:” Dato che mi state simpatici e siete solo dei ragazzi innocui ve lo rivelerò, ma voi dovete giurare che non lo riferirete a nessuno, specialmente a quel vecchietto che da anni sta importunando la biscia. La prigione si trova proprio sotto questo laghetto e l’unico modo per aprire la gabbia è…no! Forse questo non ve lo dovrei dire”. Finito il discorso, Paolo scrutò un pulsante rosso molto piccolo, quasi invisibile (infatti Paolo era quello che ci avvisava quando vedeva un pesce o altro perché ha la vista di un falco) e, dato che aveva una spassionata mania di premere qualunque pulsante, corse subito a pigiarlo.

Intanto il monaco se n’era accorto e ordinò alla biscia di fermarlo subito ma non fece in tempo che Paolo lo aveva già premuto. A quel punto si sentì una scossa fortissima ed il laghetto cominciò ad aprirsi facendo cadere tutta l’acqua in un profondo buco scuro. Subito dopo il silenzio più totale seguito da un ironico “Siamo fregati” di Joas. Proprio in quel momento il vecchio cacciatore ci venne incontro in tutta fretta. Il monaco, appena lo vide, si mise ad insultarlo in modi osceni utilizzando una lingua mista tra arabo e indiano. Dopo che si fu calmato il monaco, il vecchio cominciò a parlare:” Ragazzi il mio mostrometro è schizzato alle stelle e segnala una fortissima presenza di mostri. Onestamente sono contento, ma anche preoccupato per voi”. Ad un tratto un ruggito agghiacciante si udì dal fondo del laghetto. I sigilli che chiudevano la gabbia si erano sciolti ed il mostro si era liberato. Allora, in preda al panico corremmo verso la spiaggia e lì, girandoci verso la direzione da cui eravamo scappati, vedemmo il mostro che si ergeva davanti a noi.

Era un bestione alto più di cinquanta metri, tutto rosso, con delle corna a montone e dei denti affilatissimi e assetati di sangue. Intanto la biscia si era rifugiata sott’acqua per la paura. Appena il mostro ci vide, iniziò a sputare fiamme a destra e a manca perché tutto quel tempo intrappolato nel buio più totale lo aveva reso metà cieco. Intanto noi cercavamo di schivare le sue fiammate con estrema eleganza, solo che una mi colpì e mi bruciò la gamba sinistra. Proprio in quel momento il vecchio si era ricordato che nel suo covo, tra le numerose armi, aveva uno spara acqua 9000 che poteva bloccare le sue fiammate. Allora il monaco ci disse di colpire alla schiena perché su di essa si posava un’enorme gemma lavica che se spenta avrebbe ucciso il mostro. Il problema maggiore era la gemma piccola che il mostro proteggeva molto bene. Quindi serviva una mira infallibile anche perché lo spara acqua 9000 aveva solo tre colpi. E qui entrò in gioco Joas. Di noi tre lui era quello con una mira eccezionale e quindi poteva benissimo prendere il mostro solo che gli serviva che egli fosse girato di schiena. Stranamente, per il compito di distrarre il mostro, si offrì volontario il monaco che, anche se vecchissimo, aveva un’agilità impressionante.

Mentre noi strutturavamo le fasi del piano, il mostro stava uscendo a poco a poco dalla sua prigione e già si intravedevano le sue “gambe”. Dopo cinque minuti mettemmo in atto il piano. Il saggio uscì dal nascondiglio e si mise ad urlare:” Mostro vieni a prendermi” mentre correva. Appena il mostro fu di spalle, il vecchio cliccò un bottone che fece ‘magicamente’ comparire dei rampini che si attorcigliarono tra le braccia e le gambe del mostro così da immobilizzarlo. Ora toccava a Joas. Tutto dipendeva da lui. Sparò la prima volta e mancò il bersaglio di pochi centimetri, sparò la seconda volta e mancò di nuovo il bersaglio questa volta di pochissimi millimetri ma alla fine, grazie ad un colpo ben assestato, centrò il bersaglio in pieno. Si sentì un grande urlo di dolore e poi il mostro iniziò a lampeggiare di bianco. Ovviamente stava per esplodere ma l’unica cosa che vidi fu il vecchio che ci scaraventò nella capsula di salvataggio, premette il pulsante, la capsula partì e poi udimmo una grandissima esplosione. La capsula era completamente chiusa, senza neanche una finestra, quindi non potemmo vedere quello che era successo. Fortunatamente tornammo a casa sani e salvi. Raccontammo della nostra avventura fantastica ma nessuno ci volle credere. Per quello che so, è che tre mesi dopo l’accaduto Paolo e Joas tornarono al luogo iniziale dove era avvenuta la tempesta e girarono intorno per ore senza trovare traccia dell’isola. Io ero rimasto a casa con la gamba fasciata a pensare all’accaduto. Dopo di che sospirai, mi sdraiai e dormii, sonni tranquilli.

Vladimir D’Angelo III B

(Istituto Comprensivo Primo Milazzo- Scuola media Garibaldi)

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