venerdì, Novembre 22, 2024
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L’amore che tenta di salvare il mondo: Nizar Qabbani

Aleppo riunita, riconquistata. Il 22 Dicembre l’esercito fedele al governo di Assad dichiara di aver ripreso il controllo della città dopo una guerra durata oltre quattro anni.

Aleppo è la città  siriana emblema della lotta tra sunniti e sciiti, il simbolo della violenza, dell’infanzia negata, della morte. Aleppo è  il nome di una città  che in questo momento grida aiuto in nome degli innocenti che sono stati massacrati in un’assurda guerra civile che per anni l’ha spaccata in due.

Eppure la storia di Aleppo richiama ad un passato di magnificenza:  dapprima parte dell’Impero Ittita,  poi conquistata da Alessandro Magno , successivamente  annessa all’Impero Romano e riedificata  dall’imperatore bizantino Giustiniano, fino a diventare parte dell’Impero Ottomano.

Una delle più antiche  città del mondo dunque , patrimonio dell’UNESCO dal 1986 e dal 2006 può  fregiarsi del titolo di “capitale culturale del mondo islamico”.

Sui muri di questa città, di cui giornalmente  si effettuava  l’evacuazione dei civili, sono comparse scritte che evocavano il dolore di chi abbandona il proprio mondo, che raccontavano storie che potessero denunciare all’intero globo ciò che sta accadendo in Siria; tra queste scritte anche i versi del poeta Nizar Qabbani.

<Amami…lontano dalla terra della repressione, lontano dalla nostra città sazia di morte> è  un verso denso di sentimenti  struggenti, della malinconia di chi lascia i propri affetti nella consapevolezza di vivere in una realtà infernale.

Ma l’aver utilizzato la poesia di Qabbani non è un caso, in quanto il  poeta siriano, scomparso nel 1998, è il simbolo del tentativo di modernizzare la cultura di quei luoghi di cui proprio la sorella del poeta aveva pagato caramente il prezzo.

Qabbani infatti è  nato in Siria, a Damasco, nel 1923, inizia a scrivere poesie dall’età  di 16 anni, e il suo amore per la scrittura lo porta a fondare in Libano,  a Beirut, una casa editrice. Le sue poesie toccano argomenti estremamente vari: l’amore sicuramente, la bellezza e l’erotismo ma anche problematiche sociali e politiche.

Nella lirica “Il pane , l’ hashish e la luna” ad esempio denuncia la società siriana che coltiva valori ormai improponibili e si rifugia  nella droga della religione. Denuncia che compare spesso nelle poesie di Qabbani, che evidenziano la mancanza di libertà per la donna nel mondo arabo,  soprattutto  in seguito al dramma vissuto dalla sua famiglia. La sorella del poeta infatti aveva scelto di suicidarsi piuttosto che sposare un uomo che non amava, così come stabilito dalla sua famiglia e secondo le consuetudini del mondo arabo che concepisce il nucleo familiare in modo assolutamente patriarcale.

Famosa è anche la dichiarazione del poeta in merito alla dimensione erotica così  tanto demonizzata e repressa nella cultura del Medio Oriente:< L’amore nel mondo arabo è  prigioniero e io voglio liberarlo. Voglio liberare l’anima araba, i suoi  sensi e il suo corpo con la mia poesia>.

Auspicava una liberazione sessuale per il suo mondo, una rivoluzione  che avrebbe portato gli arabi al superamento di molte frustrazioni e contraddizioni in seno alla loro cultura.

E di amore ha parlato nei suoi versi, in maniera così  profonda che si dice  che gli innamorati non potranno mai comprendere il vero senso dell’amore fin quando non avranno letto e assaporato a poesia di Qabbani.

L’amore inteso nella sua più totale assolutizzazione è  quello descritto ad esempio in questi versi: <il tuo amore è  estremo, mistico, beato. Il tuo amore, come la nascita e la morte, è impossibile da ripetere>. L’amore che dà  significato alla stessa esistenza:< quando amo mi trasformo in fluida luce, che occhio non vede  e i versi nei miei quaderni si trasformano in campi di mimosa e papavero,>

E ancora nella famosissima Lettera da sotto il mare” leggiamo:

 

[aesop_quote type=”block” background=”#f8fea7″ text=”#000000″ height=”400″ align=”left” size=”1″ quote=”ti desidero,
insegnami a non desiderare.
Insegnami
come sradicare dal più profondo le radici del tuo amore.
Insegnami
come le lacrime muoiono negli occhi
Insegnami
Come muore il cuore e come si suicidano le passioni.
Se sei profeta,
Liberami da questo incantesimo…

” parallax=”off” direction=”left” revealfx=”off”]

Probabilmente i versi del poeta non sarebbero stati così  profondi se la sua anima non avesse assorbito le laceranti contraddizioni del mondo arabo. Qabbani stesso considerava le sue origini come la sua musa ispiratrice. Ha infatti dichiarato:<Voglio che dopo la mia morte il mio corpo venga trasportato e sepolto a Damasco, con la mia gente. Damasco è  il grembo che mi ha insegnato la poesia. Io voglio tornare a casa  come un bambino torna al seno di sua madre>

E così  è stato: morto a Londra, il suo corpo è stato riportato in Siria, lì dove la sua avventura di scrittore in lotta con i valori della sua gente aveva avuto inizio.

Nibal Salameh,  nella prefazione alla raccolta delle liriche di Nizar, “Le mie poesie più belle” scrive:<In quest’epoca triste e drammatica che attualmente  il Medio Oriente vive, credo sia estremamente importante tentare di mutare il tipo di narrazione di quell’angolo di mondo”.

A questo crediamo possa contribuire la figura e la sensibilità di Qabbani, poeta dell’amore e delle donne.

Del resto nel preambolo dell’atto costitutivo dell’UNESCO leggiamo:<Poiché le guerre hanno origine nello spirito degli uomini, è nello spirito  degli uomini che si debbono innalzare le difese della pace>.

 

Prof.ssa  Annarita Formica

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