Apro il cassetto dei miei ricordi…
Sono qui, seduta su una sedia scricchiolante di fronte a uno scrittoio di legno color ciliegio; rovistando tra i cassetti impolverati ho trovato un vecchio tema delle scuole medie, con una data del 2016.
Avevo 13 anni, sono passati vent’anni, ma nonostante tutto riesco a riconoscere la mia scrittura: non è cambiata molto, quello che ancora salta agli occhi sono le correzioni con la penna rossa, un tempo di un rosso quasi accecante, adesso l’inchiostro è sbiadito, ma ricordo perfettamente quando la mia professoressa di Italiano mi spiegava le mie ‘’pecche morfosintattiche’’. Ero talmente affascinata dal suo modo di spiegare, ricordo solo il suo cognome, perché è uguale a quello di mia madre.
Da quando ho lasciato le scuole medie credo di averla incontrata un paio di volte e ammetto che non sempre a primo acchito l’ho riconosciuta.
Anni fa aveva i capelli corti color magenta e portava sempre gli occhiali sul naso, ma quello che in particolar modo conservo nei cassetti della memoria è il modo in cui spiegava l’argomento, sarei stata ore ad ascoltare le storie della letteratura se spiegate da lei. Tra una pagina e l’altra scappava qualche risata, adoravo il suo umorismo, le lezioni non erano mai pesanti, riusciva a farmi piacere perfino la grammatica nella quale non ero proprio un’eccellenza.
Portava il sole con il suo abbigliamento colorato, quel sorriso e quella camminata un po’ “ballata” che la contraddistingueva.
Durante quegli anni, la scuola era una vera e propria seconda casa e lei ci proteggeva come una mamma chioccia con la sua ala. Era tutto motivo di argomento per una lezione e nessuno andava a casa senza aver capito. Ripetere le cose è molto stancante e fastidioso, eppure sembrava che la sua voce non svanisse mai tra quelle mura e i banchi verde chiaro troppo bassi per me.
Non ho idea se nella mia scuola verde scuro dalle finestre sbarrate lei abbia continuato ad insegnare per molto tempo, spero vivamente di sì per tutti i piccoli marmocchi che ci sono stati dopo di me.
Quanti ricordi che lascia scaturisce un foglio di carta tra le dita, chissà se ogni tanto anche alla mia amata terza C vengono in mente quegli anni di totale spensieratezza, dove un segno rosso si trasformava in tragedia.
La prossima volta che incontrerò per strada, sempre con la sua solita camminata, la prof, probabilmente la inviterò a prendere un caffè e magari riaprirò il cassetto dei ricordi.
Per il momento richiudo questa parte gioiosa e malinconica della mia vita che tengo stretta nel mio cuore e ripongo nuovamente questo foglio, ingiallito dal tempo con l’inchiostro sbiadito, tra i miei vecchi libri impolverati pensando ad una battuta ricorrente della nostra prof: ‘’Open your mind!’’
ERIKA CASSATA CLASSE III C
SCUOLA SECONDARIA
DI PRIMO GRADO “E. FERMI”
I.C. SAN FILIPPO DEL MELA
Veramente un bell’articolo,toccante.Credo che per un docente sia il più grande regalo che possa ricevere da un’alunna
Sono daccordo con Te