Sindacati in pressing per rinnovo dei contratti della Pa: “Servono 7 miliardi” (da repubblica.it)
Secondo la Uil è la cifra per “ridare dignità ai lavoratori” nel prossimo triennio. Cgil: “Persi 212 euro lordi mensili in busta paga”. Cisl: “Stipendi indietro al 2001”. Dal Codacons parte il primo ricorso collettivo al Tar: chiesti 10.400 euro a lavoratore.
MILANO – Il tema del rinnovo dei contratti nella Pubblica amministrazione torna alto nell’agenda dei sindacati, per quanto l’attività nella settimana di Ferragosto resti smorzata. A maggior ragione, però, dopo le ultime gelate mostrate dall’economia con il Pil italiano fermo nel secondo trimestre del 2016 e gli obiettivi per l’intero anno che si fanno più difficili, emerge quanto la ripresa dei rinnovi dei contratti si inserisca in un vicolo stretto per le finanze pubbliche.
Secondo il segretario generale della Uilpa, Nicola Turco, per il rinnovo triennale dei contratti nel pubblico impiego sono necessarie risorse certe: “7 miliardi sono il minimo per restituire dignità e professionalità ai lavoratori”. In una nota del sindacato si spiega che “dopo sette lunghi anni di penalizzazione retributiva, la riapertura della contrattazione nel Pubblico Impiego presuppone la disponibilità di nuove risorse, che siano sufficienti a garantire un recupero adeguato del potere di acquisto da parte dei dipendenti pubblici”.
Una nota sentenza della Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il blocco della contrattazione da agosto del 2015, escludendone la retroattività per evitare voragini nel bilancio dello Stato. In quell’occasione, l’Avvocatura generale ha quantificato il costo dei mancati rinnovi contrattuali, nel periodo 2010-2015, in 35 miliardi di euro. La Uilpa chiede ora di rimettere sul tavolo quelle risorse e invita il governo ad “agire sulla politica dei bonus, sulle consulenze esterne nella pubblica amministrazione, sulla reinternalizzazione dei servizi, sul sistema degli appalti e degli acquisti e restituire anche ai lavoratori il frutto del lavoro compiuto con la lotta all’evasione fiscale” per raggiungere “la cifra di 7 miliardi di euro a regime: sarebbe un gioco da ragazzi”.
Proprio in riferimento alla congiuntura economica, l’auspicio di Turco è “che le notizie allarmistiche sulla frenata del Pil” non diventino un “apripista a nuove fumate nere sulla disponibilità delle risorse necessarie alla ripresa della contrattazione, perchè ciò – è del tutto evidente – genererebbe una frattura insanabile, rendendo inevitabile l’apertura di un grave conflitto, che nessuno vuole in quanto dannoso per tutti, ad iniziare dalla funzionalità del servizio pubblico e dalle esigenze della collettività”.
A fare i conti in tasca ai dipendenti pubblici che hanno subito il blocco dei rinnovi ci ha pensato invece Michele Gentile, coordinatore del dipartimento del pubblico impiego della Cgil, che all’Agi ha quantificato l’effetto in un mancato incremento in busta paga di almeno 212 euro lordi al mese per i circa 3,3 milioni di dipendenti pubblici che attendono il rinnovo. Il ministro della Funzione Pubblica, Marianna Madia, ha già aperto un tavolo con i sindacati e ha promesso che a settembre si partirà con il confronto, ma dopo la lunga attesa c’è preoccupazione. Secondo il dirigente della Cgil, i 7 miliardi annui considerati dall’Avvocatura (35 nel quinquennio, ndr) al lordo delle tasse “significherebbero almeno 212 euro persi al mese per ogni anno, destinati a crescere. Questa sarebbe, sulla base di questi numeri, la perdita retributiva dovuta al blocco dei contratti”. Al netto del Fisco la cifra si traduce in 132 euro: dei 7 miliardi, tornano nelle casse dello Stato circa 2,3 miliardi.
Secondo la Cisl-Fp, nel frattempo gli stipendi sono tornati ai livelli del 2001: nel 2009 un dipendente pubblico percepiva in termini nominali circa 4.300 euro in più rispetto ad un lavoratore del settore manifatturiero ed oggi percepisce 1.300 euro in meno. Giovanni Faverin, segretario generale della Cisl-Fp, chiede quindi “un aumento di 150 euro” e indica i 7 miliardi della Uilpa come la base minima dalla quale partire: “E’ il minimo che serve per rinnovare i contratti”, che arriva fino agli “11 miliardi” nel triennio.
Se i sindacati aspettano la ripresa del dialogo con il governo, il Codacons ha deciso invece di presentare il primo ricorso collettivo al Tar del Lazio contro il blocco degli stipendi nel pubblico impiego: l’associazione dei consumatori ha segnalato di aver richiesto un totale di 10.400 euro per ciascun lavoratore “a compensazione del sacrificio imposto ai ricorrenti per effetto del mancato adeguamento del trattamento economico-stipendiale”.