focus.it – I segreti sotto il suolo di Roma
I romani camminano su 20 metri e 27 secoli di storia. Le viscere di Roma custodiscono infatti tesori solo parzialmente portati alla luce. E ogni volta che si scava…
Cunicoli intricati, acquedotti ancora funzionanti, cavità ricavate nel tufo, ricche dimore sotterranee, catacombe, bunker antiaerei, antichi luoghi di culto. Quello che si trova nelle viscere di Roma è altrettanto affascinante di ciò che brilla sotto il sole della città eterna. E non stiamo parlando soltanto dei ritrovamenti che regolarmente vengono fatti durante gli scavi per la costruzione delle linee della metropolitana.
L’ultimo è di qualche giorno fa: una caserma per i legionari di Roma, a pochi passi da quella che è oggi Porta Metronia. L’hanno scoperta durante gli scavi per la stazione della linea C della metropolitana. Un ritrovamento sensazionale. Ci sono le camerate e le stanze degli ufficiali: alcune affrescate, altre con i pavimenti di mosaico. Venne costruita quando regnava l’imperatore Adriano, ma un secolo più tardi l’avevano già abbattuta, rasandola fino a un metro e mezzo da terra e poi interrandola, perché nel frattempo erano state costruite le mura aureliane e quel quartiere militare era rimasto fuori dalla cinta.
20 METRI DI GROVIERA. «Il sottosuolo della capitale è un groviera», racconta Michele Concas, speleologo urbano e fondatore dell’Associazione Roma Sotterranea. «E sotto ogni palazzo, ogni strada, dietro il muro di ogni cantina si può dire ci sia una cavità artificiale». Basti pensare che fare due passi in Corso Vittorio Emanuele vuol dire camminare sopra il canale di drenaggio delle Terme di Agrippa, che portava le acque di scarico da lì fino al Tevere e che oggi è un lungo cunicolo. E fare lo struscio in via del Corso equivale a passeggiare sopra il tratto terminale della via Flaminia, strada lastricata che risale al 223 a.C.
Lo strato bucherellato che sta sotto i piedi dei romani è spesso anche 20 metri (è questa infatti la distanza tra l’attuale piano di calpestio e l’originaria superficie, risalente al primo insediamento romano). «Dai primi insediamenti urbani a oggi sono passati più di 2.700 anni, in cui la città si è accresciuta senza posa», prosegue Concas. «Edifici, quartieri, strade del passato si sono sviluppati gli uni sugli altri fino a creare un mondo sotterraneo unico».
Perché c’è così tanto sotto terra? Le frequenti alluvioni del Tevere che fino alla costruzione dei muraglioni, avvenuta al termine del XIX secolo, invadevano la città trasportando fango e melma; i terremoti, gli incendi e il fatto che i detriti degli edifici crollati o bruciati non venissero smaltiti, anzi fossero usati come base per le costruzioni soprastanti, sono le cause principali dell’innalzamento del piano di calpestio. Di conseguenza, dimore patrizie, fontane, strade, col tempo sono diventate sotterranee.
Ci sono poi altre strutture, come le cisterne per la raccolta d’acqua, gli acquedotti, le fognature, le cave per l’estrazione di materiale roccioso e naturalmente le catacombe, che già nella loro originaria concezione erano sotterranee: furono infatti realizzate scavando direttamente nel tufo, roccia sulla quale è distesa la città.
Nel tempo, le cavità sotterranee hanno cambiato funzione e aspetto: cave per estrarre la pozzolana (materiale di origine vulcanica, elemento fondamentale della malta per la costruzione di dimore e palazzi) sono diventate catacombe, fondamenta di antiche dimore crollate sono state trasformate in luoghi di culto, templi pagani sono stati le basi per costruire chiese. Questo intricato svilupparsi di necessità e usi rende il lavoro di archeologi e speleologi urbani complicato. «Difficile dire quanto siano estesi gli ambienti ipogei artificiali (cioè costruiti dall’uomo) sotto la capitale», spiega Concas. «A oggi non esiste un censimento accurato, ma sicuramente si può quantificare l’estensione dei sotterranei romani parlando di chilometri, e anche molti».
Catacombe e laghi. Le catacombe romane, scavate dai fossori, operai specializzati che le realizzarono muniti di una specie di piccone, detto upupa, restano comunque le opere sotterranee più conosciute e imponenti. Le prime intricate gallerie cimiteriali, ricche di incisioni simboliche, affreschi e sarcofagi scolpiti, risalgono al II secolo d.C. e furono scavate e ampliate per secoli. Tra le più note c’è la catacomba di San Sebastiano sotto la via Appia (il più antico luogo di culto dei martiri Pietro e Paolo).
Anche l’acqua, bene fondamentale per una grande città come Roma, ha giocato un ruolo importante nella realizzazione di cavità artificiali. «La rete idrica era, ed è ancora, molto estesa», racconta lo speleologo urbano. «L’approvvigionamento d’acqua serviva ad alimentare le case dei romani, le terme, i bagni pubblici, le fontane, i ninfei». L’acquedotto Vergine, voluto da Agrippa e inaugurato il 9 giugno del 19 a.C., è l’unico (dopo venti secoli) a essere ancora funzionante. Il percorso, molto complesso, di questo sistema di captazione di acqua, che nutre la fontana di Trevi, quella della Barcaccia a Piazza di Spagna e quella dei Fiumi a Piazza Navona, era lungo 20 chilometri, di cui 18 sotterranei.
Nei secoli, alcune ramificazioni dell’acquedotto si sono svuotate e trasformate in cunicoli. «A una profondità di circa 10 metri dalla superficie, sotto l’ospedale Forlanini, c’è perfino un lago sotterraneo – prosegue Concas – È uno specchio d’acqua limpidissima di 40 metri di diametro e profondo più di 7. In alcuni casi si è usato un piccolo gommone per navigarlo».
Condomini di 5 piani. Ma sono le antiche dimore, oggi sotto il piano stradale, a suscitare stupore: la Domus Aurea, villa fatta costruire dall’imperatore Nerone dopo il grande incendio che devastò Roma nel 64 d.C. e utilizzata in seguito dall’imperatore Traiano come fondamenta per le sue terme, ha ancora magnifiche sale e splendide pitture. Furono proprio questi affreschi a ispirare ai pittori del Rinascimento, come Michelangelo, Raffaello, Pinturicchio, lo stile decorativo detto “grottesco”.
E sotto Roma si possono trovare perfino dei “condomini” alti quattro o cinque piani, le cosiddette insule di epoca imperiale. L’insula dell’Ara Coeli nei pressi del Vittoriano, del II secolo d.C., per esempio, ha il pianterreno, il mezzanino e tre piani. Il pianoterra era costituito dalle tabernae, botteghe dove si vendeva di tutto. Nei piani superiori vivevano anche 380 persone. L’unica parte di questo antico condominio che si trova alla luce del sole è oggi l’ultimo piano.
Nei sotterranei romani sono poi custoditi molti mitrei, luoghi di culto dedicati al dio persiano Mitra. Questa antica religione sbarcò a Roma, passando per il mondo ellenico, verso la fine del I secolo d.C. ed ebbe molti seguaci tra il II e il III secolo. Era un culto ricco di iniziazioni segrete e proprio per questo i luoghi delle celebrazioni, alle quali erano ammessi sono gli uomini, erano ricavati nel sottosuolo. Piccoli e di forma rettangolare, i mitrei erano strutture semplici, con panchine di roccia lungo i lati e un altare.
Perfino la basilica di San Clemente, a pochi passi dal Colosseo, nasconde un mitreo. Basta scendere nei suoi sotterranei per andare a ritroso nel tempo; la base dell’edificio è una casa del I secolo, nel cui cortile venne ricavato appunto il mitreo, famosa per essere il luogo dove è stata scritta la prima parolaccia in volgare.
Tracce di vita vissuta. I sotterranei di Roma e dintorni, inoltre, sono da sempre molto frequentati e vi si trovano tracce di “vita quotidiana” un po’ di tutte le epoche. «Nelle grandi terme di Villa Adriana a Tivoli, per esempio, abbiamo trovato l’impronta di un piede impressa in un mattone», racconta Simone Santucci, speleologo urbano dell’Associazione Roma Sotterranea. «Viste le piccole dimensioni, probabilmente si tratta dell’impronta di un bambino che lasciò la sua “firma” camminando. L’impronta risale al secondo secolo dopo Cristo». Il complesso di cave di pozzolana che si sviluppa sotto il Vittoriano venne invece sfruttato dagli abitanti di Roma come rifugio antiaereo nel corso della seconda guerra mondiale. «Si possono vedere panche, latrine, uscite di sicurezza e anche un punto di pronto soccorso per gli eventuali feriti», spiega Santucci. «Ci sono poi molte scritte sui mattoni del rifugio». Frasi come: “FAME!!”, “DOPPIA FAME 1- 4- ‘42”, “FAME DA LUPO 3 -3- 1944”.
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